Deakos
Cistiti e vaginiti recidivanti:ruolo dei biofilm e delle persister cells.
Dalla fisiopatologia a nuove strategie terapeutiche
A. GRAZIOTTIN 1, P. P. ZANELLO 2, G. D’ERRICO 3
1Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
Ospedale San Raffaele Resnati, Milano, Italia
2Dipartimento di Scienze Biomediche,
Biotecnologiche e Traslazionali,
Unità di Microbiologia e Virologia
Università degli Studi di Parma, Parma, Italia
3Divisione di Ostetricia e Ginecologia
Ospedale Civile Di Vigevano, Pavia, Italia
RECURRENT CYSTITIS AND VAGINITIS: ROLE OF
BIOFILMS AND PERSISTER CELLS. FROM PATHOPHYSIOLOGY
TO NEW THERAPEUTIC STRATEGIES
Recurrent vaginitis and cystitis are a daily
challenge for the woman and the physician.
The recurrence worsens the symptoms’ severity,
increases comorbidities, both pelvic
(provoked vestibulodynia, bladder pain syndrome,
levator ani hyperactivity, introital
dyspareunia, obstructive constipation, chronic
pelvic pain) and cerebral (neuroinflammation
and depression), increases health costs,
worsens the quality of life. Antibiotics increase
the risk of bacterial resistences and
devastate the ecosystems: intestinal, vaginal
and mucocutaneous. Pathogenic biofilms are
the (still) neglected etiology of recurrences.
Biofilms are structured communities of bacteria
and yeasts, protected by a self-produced
polymeric matrix adherent to a living or inert
structures, such as medical devices. Biofims
can be intra or extracellular. Pathogens live
in a resting state in the deep biofilm layers as
“persister cells”, resistant to antibiotics and
host defences and ready to re-attack the host.
The paper updates the evidence on biofilms
and introduces new non-antibiotic strategies
of preventing and modulating recurrent
vaginitis and cystitis.
Key words: Cystitis - Vaginitis - Pelvis.
Vaginiti e cistiti recidivanti costituiscono
un problema di salute pesante per la
donna e la coppia. Costituiscono rispettiva
mente fino al 30% della richiesta di consultazione
ginecologica e di urologia femminile
1, 2. Sono fonte di grande frustrazione per
la donna che, non trovando risposte cliniche
efficaci, si orienta per l’autoterapia. Il
25% della spesa terapeutica in ginecologia
è investito in lavande vaginali e farmaci da
banco proprio per la cura dell’igiene intima
e delle vaginiti. La recidività causa frustrazione
anche per il medico, la cui competenza
terapeutica sembra essere tenuta in
scacco da patologie a torto considerate banali.
La recidività di vaginiti e cistiti è, invece,
causa non solo di esacerbazione dei
sintomi specifici, ma anche di crescenti e
costose comorbilità 3-5 (Tabella I), costose in
modo quantizzabile per la donna e la sanità
pubblica, in termini di spese sanitarie, consulenze
mediche, esami e farmaci. Costose
su dimensioni meno traducibili in denaro,
ma non per questo meno pesanti e significative,
in termine di danno alla salute e
alla vita personale e di coppia. L’escalation
di aggressività sul fronte degli antibiotici è
fallimentare, con dati inquietanti sul vertiginoso
crescere delle resistenze batteriche in
urologia 6 e ginecologia 7. È quindi necessario
un approccio innovativo, e tra le opzioni
perseguibili, una delle più promettenti
riguarda lo studio dei biofilm in ginecologia
e urologia.
Obiettivi del lavoro sono: 1) approfondire
questo nuovo scenario fisiopatologico con
una prospettiva clinica; 2) proporre un’alternativa
terapeutica alla terapia antibiotica
e alla antibiotico-profilassi nelle infezioni
uro-ginecologiche ricorrenti 8.
Studi preliminari suggeriscono, infatti,
che conoscenza e intervento sui biofilm
possano essere una via più valida ed efficace,
rispetto all’antibiotico-terapia, dimostratasi
perdente nel lungo termine 6.
Tabella I. — Cistiti ricorrenti, vestibulodinia provocata, dispareunia: l’evidenza sul peso delle comorbilità
–– La vestibulodinia provocata (VP) acquisita, associata a dispareunia introitale, è presente nel 60% delle donne con
cistiti ricorrenti/UTIs
–– Le donne con VP/dispareunia hanno:
–– una più alta prevalenza di cistiti/ UTIs (OR 4,54; P=0,03)
–– cistiti/UTIs più frequentemente causate da Escherichia coli UPEC, rispetto a quelle senza VP/dispareunia
–– sei o più episodi di cistiti/UTIs nei precedent 12 mesi (OR: 2,8; P=0,01)
–– tre o più cicli di antibiotici nello stesso periodo di osservazione (OR: 2,1; P=0,04)
–– le terapie antibiotiche per UTIs sono emerse come fattore predittivo indipendente di VP/dispareunia (perché
selezionano Candide molto aggressive e iper-risposte immunoallergiche agli antigeni della Candida)
–– punteggi più bassi nel Female Sexual Function Index (OR 3,1, con P≤0,01 in tutti i domini), e quindi una peggiore
funzione sessuale rispetto alle donne che non hanno VP/dispareunia
Vaginiti, cistiti e comorbilità
Perché è importante prevenire la recidività?
Sostanzialmente perché è molto impegnativa
e costosa dal punto di vista non
solo economico ma soprattutto della salute.
Le comorbilità attivate dalla recidività sono
gravi, complesse e richiedono un attento
sguardo clinico, specie da parte del ginecologo
che ha gli strumenti fisiopatologici e le
conoscenze terapeutiche per affrontarle in
modo efficace. Esse coinvolgono:
1. la vescica, contribuendo alla sindrome
della vescica dolorosa (Bladder Pain Syndrome,
BPS) che, negletta, può evolvere
fino alla temibile cistite interstiziale 9-11;
2. la vagina, con progressiva devastazione
degli ecosistemi anche per l’esito iatro-
geno di interventi farmacologici crescentemente
aggressivi che selezionano resistenze
batteriche e fungine sempre più agguerrite;
3. il vestibolo vaginale, con un quadro
flogistico che evolve verso il dolore cronico
e neuropatico, contribuendo alla vestibulodinìa
provocata, prima descritta come “sindrome
della vestibolite vulvare” (VVS) 4, 12-14;
4. il muscolo elevatore dell’ano, progressivamente
“iperattivo”, contratto, fino a diventare
dolente “mialgico” e molto dolente
15-17;
5. la funzione sessuale: la contrazione del
muscolo elevatore, che può essere primaria
o secondaria al dolore vestibolare e/o vescicale,
restringe l’entrata vaginale e contribuisce
ad un sintomo sessuale principe in
questo scenario, ossia il dolore ai rapporti
“dispareunia introitale” 18, 19;
6. la funzione evacuativa: la contrazione
difensiva del muscolo elevatore contribuisce
in modo determinante alla stipsi ostruttiva
20, 21. Essa causa a sua volta infiammazione
della parete rettale, perdita della
funzione di barriera e Leaky Gut Syndrome,
sindrome dell’intestino che perde con passaggio
di germi dal retto al sangue e ai vasi
linfatici e di qui a vagina e vescica 22, 23;
7. la depressione: flogosi vaginali e vescicali
recidivanti aumentano la produzione
di citochine infiammatorie che non solo
concorrono al dolore locale ma arrivano al
cervello, causando neuro infiammazione 5.
È questa la base biologica della depressione
spesso associata alla recidività, accanto alle
altre cause di ordine psichico e relazionale.
Il carico biologico ed emotivo della recidività,
in termini di salute fisica, psicosessuale e
relazionale, giustifica quindi una rinnovata
attenzione a queste patologie, focalizzata
allo studio del terreno biologico in cui si
sviluppano le flogosi e che contiene le chiavi
fisiopatologiche della recidività.

Figura 1. — Immagine al microscopio a scansione di biofilm extracellulare polimicrobico su supporto siliconico.
Esempio di biofilm costituito da comunità strutturate di cellule batteriche e fungine di specie diverse adese ad una
superficie inerte 29. (da Leonhard M. et al., 2013 con autorizzazione).
Biofilm
I biofilm rappresentano comunità strutturate
di cellule batteriche spesso di specie
diverse 24-26, anche di natura fungina 27, 28,
racchiuse in una matrice polimerica autoprodotta
ed adesa ad una superficie inerte
o vivente (Figura 1) 29.
Nell’ambiente vaginale, in condizioni fisiologiche
e in età fertile, il 90% della flora
microbica abitualmente presente in simbiosi
mutualistica con l’ospite è rappresentato
da lattobacilli che possono organizzarsi in
biofilm fisiologici e rappresentare l’aspetto
caratterizzante sano dell’ecosistema vaginale,
mentre il restante 10% è costituito da
batteri saprofiti 30-32. Nello squilibrio di questa
flora microbica residente si collocano le
infezioni ricorrenti uro-ginecologiche che
costituiscono un serio problema medico, in
quanto, attualmente, non esistono terapie
efficaci 33.
La dimostrazione che tutte le infezioni
uro-ginecologiche sono sostenute da biofilm
patogeni (Tabella II) 24, 32, 34-36 spiegherebbe
l’assente o incompleta risposta ai
farmaci e l’alta presenza di forme morbose
recidivanti uro-ginecologiche antibiotico resistenti,
insensibili agli effettori della risposta immune 37
e tendenti alla cronicizzazione 28, 38-42.
I biofilm patogeni presentano due localizzazioni
principali: extra- e intracellulari.
Localizzazioni extracellulari
I biofilm in vagina sono soprattutto extracellulari,
cioè posti alla superficie delle cellule
che rivestono la parete della vagina e
aggettano quindi verso la cavità, così come
i biofilm che rivestono la cute vulvare, che
aderiscono da un lato ai cheratinociti cutanei,
e si sviluppano poi verso l’esterno. La
struttura dei biofilm extracellulari è costituita
da una matrice esopolisaccaridica nella
quale sono scavati minuscoli canali d’acqua
che si anastomizzano fra loro, formando
una sorta di sistema circolatorio primitivo.
Essi possono organizzarsi sulla superficie di
differenti mucose o di supporti inerti, quali
i dispositivi medici 26. In ginecologia, sono
di particolare interesse i biofilm che compaiono
sulla superficie di dispositivi medici,
quali anello contraccettivo vaginale, pessari,
dispositivi intrauterini, impianti sottocutanei,
cateteri. I biofilm, sia a sviluppo sopramucoso,
sia su supporto inerte, stanno
assumendo un’importanza rilevante in molte
infezioni croniche e da impianti biomedici,
a carattere recidivante. Infatti, l’involucro
polisaccaridico, secreto dai microrganismi
patogeni, agisce come un sistema di protezione
(simile ai reticolati per le trincee di
guerra) che si oppone alla penetrazione dei
farmaci e agli effettori della risposta immunitaria.
Grazie a questa protezione, i microrganismi
presenti nel biofilm assumono uno
stato di bassa attività metabolica, mostrano
un’aumentata resistenza alle difese immunitarie
dell’ospite e alla terapia antibiotica,
sia perché meccanicamente più protetti e
quindi meno raggiungibili dagli stessi, sia
perché la limitatissima attività metabolica,
simile ad una sorta di quiescenza, relativa e
reversibile, li rende meno vulnerabili anche
ai princìpi attivi che li riuscissero a raggiungere28.
Nella parte più profonda del biofilm
è presente una sottopopolazione di cellule
batteriche quiescenti (0,1-1%) denominate
persister cells, completamente resistenti agli
antibiotici e alle difese immunitarie, pronte
a ripristinare la carica batterica preesistente
una volta completata la terapia antibiotica. A
differenza delle cellule batteriche resistenti
che crescono e si moltiplicano in presenza
di antibiotici, le persisters non crescono
in presenza di antibiotici. In questo caso la
resistenza agli antibiotici non è genotipica
cioè portata da plasmidi, troposomi o legata
ad eventi mutazionali, ma dovuta alla strategia
di queste cellule dormienti differenziatesi
in uno stato fenotipico protetto. La presenza
di persister cells nei biofilm batterici e
fungini ci spiega la difficoltà nel trattamento
delle infezioni biofilm correlate 43.
Negli strati profondi dei biofilm extracellulari,
verso quindi la mucosa o la superficie
inerte, si verifica un altro fenomeno di
grande importanza: un’elevata frequenza di
coniugazione tra i batteri che promuove lo
scambio di plasmidi, ossia di codice genetico
a DNA (Appendice 1). Alcuni plasmidi,
infatti, possono contenere geni che inducono
fenotipi batterici con resistenza multipla
agli antibiotici, o codificare per proteine che
interagendo con le molecole antibiotiche
ne neutralizzano l’attività 37, 44-47. I plasmidi
costituiscono una riserva complessa e mobilissima,
estremamente dinamica, di strategie
di aggressione, virulenza e resistenza
di eccezionale duttilità. Il biofilm è un’entità
dinamica, con un gradiente di attività
progressivamente più vivace a partire dalla
superficie (che aggetta verso la cavità) fino
ad arrivare verso la base del biofilm (verso
la mucosa), a più bassa attività metabolica e
può essere presente in organi come la vagina,
il cavo orale o l’intestino 48. In questi distretti,
e in prossimità dei biofilm, troviamo
cellule batteriche in moltiplicazione, pronte
al distacco e a colonizzare altri siti più distanti:
il cosiddetto “biofilm maturo”. In tal
caso, singoli batteri multiresistenti e aggregati
microbici che si distaccano in modo
continuo da un biofilm maturo, sia esso
monospecie, che multispecie, fungono da
inoculo persistente promuovendo nell’organismo
nuovi siti di colonizzazione e dando
luogo alle cosiddette infezioni polimicrobiche,
antibiotico-resistenti a crescita sessile,
tendenti alla cronicizzazione, che spiegano
poi recidività e comorbilità, per esempio tra
cistiti recidivanti e vestibolite vulvare con
vestibulodinìa provocata 4.
Nonostante le difficoltà nell’eradicazione
di batteri patogeni persistenti a livello
dell’apparato uro-genitale, esiste ancora
una limitata consapevolezza a livello clinico
dell’importanza dei biofilm batterici e fungini
nei processi infettivi e della più elevata
farmaco-resistenza ad essi associata 42.
Localizzazioni intracellulari
I biofilm patogeni tipici della vescica sono
caratterizzati da un ceppo di Escherichia
coli uro patogeno (Uro Pathogenic Escherichia
coli, UPEC), responsabile del 75-85%
delle cistiti recidivanti e della formazione
del biofilm intracellulare. In particolare, i
ceppi di Escherichia coli che possiedono
l’antigene K si tolgono il capside, entrano
nelle cellule dell’urotelio dove formano le
cosiddette “comunità batteriche intracellulari”
49-53 (Intracellular Bacterial Communities,
IBCs, Figura 2) 54. I batteri intracellulari
si organizzano in biofilm racchiusi in
una ricca matrice polisaccaridica, circondata
da un guscio protettivo di uroplachina
in prossimità della superficie, dove creano
rigonfiamenti simili a baccelli 38. I biofilm
intracellulari costituiscono ancora una volta
una riserva di germi poco attaccabile dagli
antibiotici e dalle difese immunitarie. Essi
causano infiammazione cronica della parete
vescicale fino a causare una “sindrome della
vescica dolorosa” che può evolvere fino alla
“cistite interstiziale” 55. Il periodo di tempo
che intercorre dalla colonizzazione da parte
di cellule batteriche di E. coli UPEC dell’urotelio
vescicale fino alla cistite interstiziale
conclamata può richiedere fino a 5-7 anni,
durante i quali si assiste ad una persistente
infiammazione negletta nelle sue caratteristiche
fisiopatologiche principali 56.

Figura 2. — Biofilm endogeni: le comunità batteriche intracellulari. Cellule batteriche di Escherichia coli uropatogeno,
principali responsabili del 75-85% delle cistiti recidivanti, possono formare biofilm intracellulari e costituire le “comunità
batteriche intracellulari” a localizzazione anatomica prevalentemente vescicale 54 (tratto da Rosen et al., 2007,
con autorizzazione).
Implicazioni cliniche
Secondo il Center for Disease Control
and Prevention (CDC) di Atlanta, GE, fino
all’80% delle infezioni batteriche che colpiscono
gli esseri umani nei paesi occidentali
è causato da biofilm polimicrobici. Pertanto,
le infezioni ricorrenti uro-ginecologiche
non devono più essere considerate come
infezioni sostenute da un singolo ceppo patogeno
ma come una sindrome polimicrobica
a crescita sessile caratterizzata da un
significativo aumento della carica batterica
aerobica, anaerobica e fungina con eventualmente
un ceppo patogeno dominante 57.
In particolare, Escherichia coli, frequentemente
presente nelle infezioni uro-ginecologiche,
forma un biofilm vescicale e vaginale
che può contenere batteri quiescenti
intracellulari di riserva: le persister cells.
Esse costituiscono circa l’1% degli elementi
batterici, sono completamente resistenti agli
antibiotici e al sistema immunitario, caratteristiche
cruciali responsabili del fallimento
delle terapie antibiotiche nelle infezioni recidivanti.
Completata la terapia antibiotica
o antifungina, infatti, le persister cells prontamente
si riattivano ripristinando la carica
batterica o fungina pre-esistente causando
una ricaduta dell’infezione 37. Il trattamento
antibiotico infatti, può essere risolutivo
sui batteri in fase planctonica, responsabili
delle riacutizzazioni infettive rilasciate dal
biofilm, ma non è in grado di eliminare la
comunità batterica sessile contenuta nello
stesso.
Inoltre, in entrambe le situazioni patologiche
della vescica e della vagina, gli antigeni
rilasciati dalle cellule sessili stimolano
la produzione di anticorpi che non riuscendo
nella corretta opsonizzazione immune
dei batteri all’interno del biofilm, determinano
un danno da immunocomplessi nel
tessuto circostante, contribuendo a cronicizzare
l’infiammazione tissutale e il dolore
che ne consegue anche in presenza di
un’eccellente risposta immunitaria cellulare
e umorale 55, 58, 59. Infine, anche la saltua
ria esfoliazione di batteri e cellule vescicali
dalla superficie del biofilm maturo contribuisce
a rendere tali infezioni croniche e
ricorrenti 37, 53.
Il biofilm è il laboratorio vivente nel quale
i plasmidi dei microrganismi patogeni
sperimentano la più ampia variabilità di
ricombinazioni fino all’emergere di “killer”
biologici antibiotico resistenti che si staccano
dal biofilm maturo per colonizzare altre
sedi locali fino all’invasione sistemica
(Appendice 1).
Fattori predisponenti, precipitanti e
di mantenimento della recidività
Fattori predisponenti
I fattori predisponenti includono:
—— copresenza di Escherichia coli uropatogeno
(UPEC) in vagina e vescica. Tutte
le donne affette da cistiti e vaginiti recidivanti
hanno una colonizzazione vaginale
da Escherichia coli UPE presente anche durante
periodi asintomatici. Lo studio della
composizione degli ecosistemi mostra un
rapporto invertito tra numero di coliformi e
di lattobacilli 67. Inoltre, la presenza di una
vaginite aerobica, o almeno la presenza di
un biofilm polimicrobico 68 vaginale comprendente
Escherichia coli, è stata sempre
rilevata nei giorni precedenti un episodio
di cistite. È stato dimostrato che nei 14 giorni
che precedono una Urinary Tract Infection
(UTI) la presenza di batteri periuretrali
aumenta dal 46% al 90%, la batteriuria dal
7% al 69%, l’esterasi leucocitaria dal 31% al
64%, la sintomatologia vaginale dal 3% al
43% 68. Come pure Escherichia coli UPEC
aumenta in modo significativo con l’aumento
della frequenza dei rapporti sessuali
(P=008) 69. Il biofilm da Escherichia coli,
presente contemporaneamente a livello vescicale
e vaginale, contiene persister cells,
completamente resistenti agli antibiotici e
al sistema immunitario, rendendo tali infezioni
croniche e ricorrenti. La progressione
verso la cronicizzazione è più rapida e gli
episodi di cistite più ravvicinati se il biofilm
vaginale non viene trattato;
—— fattori anatomici: brevità dell’uretra
femminile che facilita la risalita di germi;
—— ipoestrogenismo 1, 70, 71;
—— diabete e fattori dismetabolici associati
1, 72;
—— iperattività del muscolo elevatore
dell’ano 16;
—— fattori sessuali: scarso desiderio, inadeguata
lubrificazione con secchezza vaginale
facilitano le microabrasioni della mucosa
dell’introito vaginale contribuendo a
vaginiti, vestiboliti/vestibulodinia provocata,
dispareunia, ipertono difensivo del muscolo
elevatore, e cistiti postcoitali 1, 14;
—— sindrome del colon irritabile e infiammazione
della parete intestinale (“leaky gut
syndrome”) e stipsi ostruttiva 1, 20, 21.
Fattori precipitanti
Il rapporto sessuale, specie se in presenza
di pregresse vaginiti e cistiti, nonché di
ipertono del muscolo elevatore e di vestibulodinìa
provocata 4 rappresenta il fattore
precipitante più frequente. In effetti, il 60%
delle cistiti recidivanti è postcoitale. Compare
24-72 ore dopo un rapporto sessuale.
La causa è biomeccanica, dovuta al trauma
che la penetrazione determina sull’uretra
e sul trigono quando il muscolo contratto
spinge il membro maschile contro l’uretra
e contro l’osso pubico soprastante. L’uretra,
non più protetta dall’abituale manicotto
vascolare, decongesto a causa del dolore
che inibisce l’eccitazione e la protettiva
congestione vascolare periuretrale, viene
compressa ripetutamente contro l’osso. Il
trauma biomeccanico causa allora infiammazione
tessutale e attiva le IBCs di Eschericha
coli UPEC.
L’esposizione al freddo (cistite “a frigore”)
può scatenare la cistite attiva in presenza di
IBCs.
Fattori di mantenimento
I fattori di mantenimento sono molteplici.
Tra i principali vi sono:
1. l’inadeguata attenzione ai fattori predisponenti
e precipitanti;
2. la mancata/incompleta lettura fisiopatologia
delle cause della recidività e delle
comorbiltà associate;
3. il minimalismo terapeutico, che si limita
anche nelle linee guida internazionali
ad un’escalation di aggressività antibiotica,
sia per tipo di molecole che per durata dei
trattamenti 73;
4. la mancata compliance della donna
alla terapia.
Il razionale per un diverso intervento
preventivo e terapeutico
La progressione verso la cronicizzazione è
più rapida e gli episodi di cistite più ravvicinati
se il biofilm vescicale o vaginale non
viene trattato. Oggi è evidente che la migliore
terapia antibiotica a nostra disposizione
è solamente in grado di risolvere un episodio
acuto di cistite, mentre è completamente
inefficace nella prevenzione delle infezioni
uro-ginecologiche recidivanti. Per questi motivi
l’attenzione dei clinici e dei microbiologi
si è rivolta alla ricerca di alternative alla terapia
antibiotica, che spesso nelle cistiti e nelle
vaginiti recidivanti non solo risulta inefficace,
ma può stimolare la cosiddetta “SOS response”
e la formazione di persister cells, creando
ceppi batterici antibiotico-resistenti, nonché
elevata disbiosi intestinale e vaginale 74, 75. Le
strategie preventive e terapeutiche più attuali
sono riassunte in Tabella II 24, 32, 34-36.
In questo articolo ci limiteremo a discutere
i fattori che possono agire elettivamente
sui biofilm patogeni. Sfidare i biofilm è
(ancora) difficile. Ad oggi non sono ancora
disponibili sostanze antibiotiche o antifungine
in grado di evitare la formazione del
biofilm e neppure sono disponibili sostanze
che possano interferire sul “quorum sensing”,
segnale che dà il via alla formazione
del biofilm stesso, né di sostanze che possano
distruggere le persister cells o che possano
risvegliarle al fine di renderle sensibili
agli antibiotici (Tabella III).
Numerose evidenze in letteratura sottolineano
l’importanza e l’utilità di sostanze
alternative ai comuni antibiotici per la prevenzione
e il trattamento delle infezioni a
carico dell’apparato urogenitale, come ad
esempio: le sostanze antiadesive, i lattobacilli,
l’N-acetilcisteina, la lattoferrina, Morinda
citrifolia, mirtillo rosso o cranberry
(Tabella IV). Il razionale d’azione può includere
le seguenti sostanze.
Tabella III. — Strategie di prevenzione delle infezioni
recidivanti associate a biofilm.
–– Bloccare l’adesione delle cellule batteriche
–– Prevenire la crescita microbica
–– Interferire con i sistemi di comunicazione inter-cellulari
–– Disgregare le matrici polisaccaridiche già formate
–– Deprimere l’iperfunzione della pompa di efflusso del
biofilm
–– Distruggere o evitare la formazione di persister cells
–– Risvegliare le persisters per renderle sensibili ai farmaci
Tabella IV. — Prevenzione e modulazione dei biofilm
patogeni. I principi attivi non-antibiotico utili
includono:
–– D-mannosio
–– N-acetilcisteina (NAC)
–– Probiotici
–– Lattoferrina
–– Morinda citrifolia
–– Cranberry

Figura 3. — Schema d’azione del D-Mannosio nei confronti
di Escherichia Coli UPEC. Il D-Mannosio, zucchero
metabolicamente inerte estratto dalla betulla, si lega alla
punta delle fimbrie di E. coli impedendone l’aggancio
alle cellule dell’urotelio. Il D-Mannosio intercetta quindi
il germe impedendone meccanicamente l’azione lesiva.
(L’immagine è stata gentilmente fornita dal Dott. Giovanni
D’Errico).
Sostanze antiadesive: il D-mannosio
Il D-mannosio è un monosaccaride a
basso peso molecolare che si estrae dal legno
della betulla. Una volta assunto nell’organismo
umano non viene trasformato in
glicogeno, non viene metabolizzato, ma
viene eliminato immodificato attraverso
il rene, con le urine. Considerata l’elevata
affinità del D-mannosio per le lectine
di Escherichia coli e di molti altri batteri
flagellati, l’utilizzo del D-mannosio rappresenta
sempre di più una strategia vincente
sia in interventi di profilassi che di
cura delle infezioni delle vie urinarie (UTI),
impedendo l’impianto del microrganismo a
livello dell’epitelio vescicale e vaginale, o
facilitandone il distacco meccanico 76-78. Peraltro,
l’utilizzo delle sostanze antiadesive
rappresenta un’efficace strategia che permette
di interferire con il primo stadio del
processo infettivo determinato dal legame
del fattore di virulenza FimH, presente alla
sommità dei pili di tipo 1 di Escherichia
coli, con gli oligosaccaridi presenti sulla superficie
delle cellule dell’epitelio vescicale
e vaginale (Figura 3) 79-85. I pili di tipo 1
di E. coli sono espressi in più del 90% dei
ceppi e sono indispensabili per l’adesione
alle cellule vescicali e vaginali, per la formazione
di IBCs e per la differenziazione
in persister cells. Il D-mannosio agisce impedendo
l’impianto di E. coli sui recettori
delle cellule vescicali e dell’epitelio vaginale,
prima tappa rispettivamente di cistiti
interstiziali e di vaginiti aerobiche con formazione
di biofilm, facilitandone il distacco
e la conseguente eliminazione con il flusso
urinario. Il D-mannosio favorisce anche la
ristrutturazione delle mucose danneggiate,
specialmente di quella vaginale, garantendo
così una maggiore protezione da successivi
insulti batterici 86.
N-acetilcisteina
La comprovata efficacia del D-mannosio
nei confronti delle forme batteriche planctoniche
tuttavia, potrebbe contrapporsi
alla sua parziale inefficacia quando i batteri
si trovino strutturati in biofilm. Per tale
motivo l’utilizzo di N-acetilcisteina (NAC),
un derivato N-acetilato dell’aminoacido cisteina,
che da decenni viene utilizzato per
di notevole efficacia, in quanto ha dimostrato
un’elevata attività nell’inibire l’adesione
batterica e nel dissolvere la matrice
del biofilm maturo 87, 88. Recenti risultati
sperimentali hanno confermato oltre ad
un’attività antiossidante, l’efficacia del NAC
nella disgregazione e nella riduzione del
numero di forme vitali di batteri presenti
nei biofilm, rispettivamente di Staphylococcus
aureus ed Escherichia coli. In questi
studi è stata messa in evidenza l’efficacia
di fosfomicina e ibuprofene in sinergia con
NAC nelle infezioni causate da biofilm da
UPEC e nelle infezioni urinarie non complicate.
L’attività esplicata dal NAC anche
quando utilizzato in associazione sinergica
con i singoli antibiotici sta aprendo nuove
ed importanti prospettive terapeutiche
nelle patologie infettive croniche delle vie
respiratorie e delle vie urinarie determinate
da microrganismi formanti biofilm che è
quasi impossibile eradicare con le comuni
terapie antibiotiche 88, 89. L’elevata attività
antiossidante del NAC, la sua capacità di
inibire la formazione di biofilm, di disgregare
la membrana polimerica di biofilm
batterici e fungini maturi, rende i patogeni
sensibili ai farmaci e agli effettori della risposta
immune 90.
Probiotici
Evidenze sperimentali sempre più numerose
sostengono che l’approccio naturale
finalizzato alla profilassi e alla cura delle
patologie a carico dell’apparato urogenitale
debba comprendere anche l’utilizzo di
probiotici, microrganismi vivi che, se somministrati
in quantità adeguata, hanno un
effetto benefico per l’ospite 91. I probiotici,
specie se veicolati con una opportuna
tecnica tale da renderli compatibili con
l’ecosistema vaginale residente, e con le
caratteristiche chimico fisiche e microbiologiche
dell’ambiente vaginale, possono
determinare un potenziamento del sistema
immunitario localmente stimolando il reclutamento
di linfociti T helper e di monociti
92. Inoltre, i probiotici mettono in atto
una serie di meccanismi per svolgere un effetto
protettivo a difesa della mucosa vaginale
dall’aggressione di numerosi patogeni,
in particolare, mediante la produzione di
biosurfattanti che inibiscono l’adesione dei
patogeni alle cellule vaginali, e formando
un biofilm fisiologico che riveste la mucosa
vaginale e la protegge dall’aggressione
dei microrganismi potenzialmente patogeni
39, 93, 94. Recentemente, la produzione di
biosurfattanti da parte dei lattobacilli, e in
particolare della surlactina, è stata descritta
per Lactobacillus acidophilus e Lactobacillus
fermentum. La surlactina dimostra un
effetto inibitorio sull’adesione di Enterococcus
faecalis, Escherichia coli, Candida
albicans e della maggior parte dei germi
responsabili delle infezioni urogenitali 95.
Inoltre, i lattobacilli naturalmente acido resistenti
producono acidi organici (specialmente
acido lattico) per mantenere il pH
vaginale vicino a 4, contrastando lo sviluppo
della maggior parte dei patogeni vaginali
che risultano spesso sensibili a bassi
valori di pH.
I lattobacilli producono anche sostanze
ad attività antibatterica quali bacteriocine
e perossido di idrogeno che inibiscono la
crescita dei patogeni, e l’enzima arginino
deaminasi che inibisce la crescita dei batteri
anaerobi patogeni associati alla vaginosi
batterica e del Trichomonas vaginalis 96. Infine,
la co-aggregazione dei lattobacilli con
i patogeni impedisce l’accesso di questi
ultimi ai recettori tissutali e la loro adesione
all’epitelio, determinando un’inibizione
della colonizzazione dei ceppi patogeni.
Il processo di coaggregazione è specifico
per certi ceppi ed è stato dimostrato, ad
esempio, che L. acidophilus, L. gasseri e L.
jensenii, isolati dall’ambiente vaginale, coaggregano
con C. albicans, E. coli e G. vaginalis,
impedendone così l’adesione sulla
superficie epiteliale, prima tappa nella formazione
del biofilm 97.
Ristabilire l’equilibrio microbico vaginale
mediante l’utilizzo di lattobacilli, rappresenta
pertanto un approccio fisiologicamente
orientato a lavorare sul “terreno” vaginale
per aumentare le sue naturali capacità di
difesa nei confronti dei microrganismi patogeni,
specialmente in episodi di vaginosi batterica,
in cui l’alterazione della flora batterica
residente è una delle cause patogenetiche
della malattia, oppure di cistiti recidivanti,
in cui E. coli UPEC è in testa alla
lista dei germi aggressori. Tuttavia, recenti
studi condotti in ginecologia ci suggeriscono
una generica efficacia dei probiotici nelle
suddette condizioni cliniche, ma non ci
forniscono ancora un’adeguata indicazione
specie-specifica basata sulla forza della evidenza
di un significativo effetto sul singolo
agente patologico 98.
Lattoferrina
Un’altra sostanza capace di interferire con
le capacità di aggregazione dei batteri e dei
virus con le membrane cellulari dell’ospite
è rappresentata dalla glicoproteina lattoferrina
che, in combinazione con lo ione ferrico,
possiede interessanti proprietà nel modulare
e nell’interferire con i meccanismi di
adesione batterici 99. La lattoferrina è una
glicoproteina multifunzionale che appartiene
alla famiglia delle transferrine, possiede
due siti di legame per lo ione ferrico
(Fe3+) il quale gioca un importante ruolo
di regolazione del sistema immunitario e
di difesa contro batteri, funghi, virus, compresi
Herpes virus e Papilloma virus che
usano l’eparan-solfato delle cellule superficiali
come recettore 100, 101. In particolare, è
stato dimostrato che la lattoferrina stimola
il sistema immunitario adattativo, possiede
attività batteriostatica, battericida, antivirale,
antifungina, anti-infiammatoria, inibisce
l’adesione e l’internalizzazione batterica e
la formazione di biofilm 102, 103.
L’attività batteriostatica sembrerebbe in
parte essere esplicata dal sequestro del ferro
impedendone così l’utilizzo da parte dei
batteri e inibendone la crescita. L’attività
battericida e la lisi della cellula batterica,
invece, sembrerebbe essere indotta dal legame
al lipopolisaccaride dei batteri Gram
negativi o all’acido lipoico dei batteri Gram
positivi tramite la lattoferricina. Inoltre,
l’inibizione dell’adesione e dell’internalizzazione
batterica sembra essere indotta da
legame competitivo ai recettori cellulari e
idrolisi delle strutture adesive batteriche. La
lattoferrina ha anche dimostrato interessanti
proprietà nell’inibire l’aggregazione batterica
e la formazione di biofilm di varie
specie batteriche, in particolare di E. coli e
P. aeruginosa 104.
L’azione antivirale della lattoferrina sembrerebbe
esplicarsi mediante un meccanismo
d’azione diretto, attraverso il legame a
specifiche proteine strutturali e non strutturali
virali e cellulari inibendo l’interazione
virus-cellula, legame necessario per
l’instaurarsi del processo infettivo; oppure
un meccanismo indiretto, inibendo la morte
cellulare indotta dall’infezione da parte
di virus citopatici come è stato osservato
ad esempio per infezioni da Citomegalovirus
105.
Morinda citrifolia
La specie Morinda citrifolia è una pianta
che appartiene alla famiglia Rubiaceae. Il
genere Morinda comprende circa 80 specie
che crescono tutte esclusivamente in zone
temperate climatiche tropicali, e il nome latino
della specie, citrifolia, fa riferimento
alla somiglianza delle sue foglie con quelle
di alcune specie di agrumi (Citrus sp.).
Conosciuta anche come Gelso indiano,
Nonu, Nono, Lada Munja e Canary wood,
il nome comunemente più usato è Noni.
La Morinda citrifolia, originaria del sud-est
asiatico, tropicale e temperato caldo, è diffusa
dall’India fino a Taiwan e fino all’Australia
settentrionale. Per oltre 2000 anni i
polinesiani hanno utilizzato foglie, frutti e
radici della Morinda citrifolia per nutrirsi
e creare rimedi efficaci contro centinaia di
malattie contribuendo a conferirgli il titolo
di pianta sacra. Per secoli il suo frutto
è stato riconosciuto come un eccellente
fonte di alimentazione 106. Prevalentemente,
il frutto contiene acidi grassi, mentre le
radici e la corteccia contengono antrachinoni
107. Il numero elevato di applicazioni
e impieghi medici della Morinda citrifolia
sono una conseguenza della sua ricchezza
in vari componenti chimici: proxeronina,
scopoletina, acido octoanoico, potassio,
vitamina C, terpenoidi, alcaloidi, antrachinoni,
acido linoleico, alizarina, aminoacidi,
flavoni, glicosidi 106-109. In particolare, l’alcaloide
proxeronina a livello intestinale viene
metabolizzato e convertito dall’enzima
proxeronase in xeronina, caratterizzata da
un’ampia gamma di attività biologiche 111.
L’alcaloide XERONINA agisce come chaperon
molecolare garantendo l’acquisizione
della corretta struttura tridimensionale delle
proteine e stimolando la ghiandola pineale
responsabile della secrezione di due
dei principali ormoni del sistema nervoso:
serotonina e melatonina. L’alcaloide xeronina
è un metabolita con dimostrata attività
adiuvante in caso di pressione alta, crampi
mestruali, artrite, ulcere gastriche, distorsioni,
lesioni, depressione, senilità, cattiva
digestione, tossicodipendenza, e dolore 112.
Negli ultimi anni, il crescente interesse verso
i rimedi fitoterapici, in particolare nei
confronti del succo di Noni e dei composti
isolati dal frutto, ha permesso la pubblicazione
di numerosi lavori scientifici. Questi
studi sembrano confermare una vasta gamma
di effetti potenzialmente terapeutici: attività
antibatterica, antivirale, antitumorale,
analgesica, ipotensiva, anti-infiammatoria,
immunomodulatoria e antiossidante 113-124.
Mirtillo rosso (Cranberry)
Per decenni, si è creduto che l’effetto
benefico del cranberry sul tratto urinario
fosse dovuto all’acidità prodotta dalla trasformazione
dell’acido benzoico in acido
ippurico nelle urine. Questo abbassamento
del pH renderebbe le urine un terreno di
crescita non favorevole per i batteri patogeni
125. Attualmente si è compreso però, che
il bisogno di combattere batteri acidofili
come Escherichia coli consiglierebbe invece
l’alcalinizzazione dell’ambiente, anziché
la sua acidificazione (tra gli effetti del cranberry).
Inoltre, in presenza di una vescica
infiammata, l’acidificazione causerebbe dolori
maggiori rispetto a un pH neutro o alcalino,
e si rischierebbe la cronicizzazione
del dolore o addirittura la creazione di un
dolore neurologico persistente.
Ultimamente viene ipotizzato un suo effetto
nel prevenire l’adesione dei patogeni
sull’epitelio vescicale, tuttavia, è importante
sottolineare come l’attuale utilizzo di tale
derivato vegetale in caso di infezioni urinarie
non sia stato ancora validato. Una recente
review pubblicata nel Cochrane Summaries
dell’aprile 2013 ha confrontato 24
studi indipendenti e ha concluso che non
ci sono differenze significative tra l’utilizzo
del mirtillo rosso e il placebo (controllo non
trattato), ma che è addirittura sconsigliato
il suo utilizzo per lunghi periodi. Inoltre,
la stessa ricerca ha evidenziato come per
la prevenzione delle UTI ricorrenti il Dmannosio
debba essere preferito rispetto ai
prodotti a base di succo di mirtillo 126.
L’intervento preventivo e di modulazione
dei biofilm va naturalmente inserito in una
visione terapeutica strategica attenta alla
correzione dei fattori predisponenti, precipitanti
e di mantenimento, oggetto di precedenti
pubblicazioni, cui si rimanda alla
Tabella V 1, 14.
Tabella V. — Le opzioni preventive e terapeutiche per il reservoir vescicale prevedono una strategia multisistemica
con riduzione dei fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento.